mobilità – Come si muoveranno i cittadini europei nei grandi centri urbani? Una prospettiva condivisa dagli esperti della SIDT – Società Italiana Docenti dei Trasporti, con i maggiori esperti europei viene dal convegno tenutosi ieri all‘ Università di Roma la Sapienza.
Ad emergere un dato su tutti: il trasporto nelle aree urbane densamente popolate determina circa il 50% del consumo globale di petrolio, e il settore dei trasporti produce oltre il 20% delle emissioni di CO2, come sottolinea Antonio Musso, presidente della SIDT e ordinario di Teoria dei Trasporti alla Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma.
“L’Europa ci chiede di intervenire per abbattere considerevolmente le emissioni di CO2 entro pochi anni – sottolinea Musso -. E’ necessario, quindi, ripensare le nostre abitudini di trasporto partendo dalla tecnologia, intervenendo sull’offerta di TPL e riducendo la dipendenza del trasporto dai prodotti petroliferi“.
Tenuto conto poi delle Direttive comunitarie che impongono nel prossimo quarantennio una riduzione delle emissioni di gas serra superiori al 90% rispetto ai valori 1990.
Altro dato, il trend di utilizzo dell’automobile privata é cresciuto nelle maggiori città italiane dall’ultimo decennio del secolo scorso, ma oggi non é più sostenibile e sta già subendo un brusco rallentamento anche in seguito alla crisi economica e al rincaro dei costi del petrolio e di gestione dell’auto privata, in favore di mezzi alternativi di trasporto come il car-sharing e il noleggio delle autovetture per breve medio periodo.
“Vincoli di spazio e di efficienza del sistema trasportistico delle città, obbligano a scelte drastiche che ridurranno la presenza di autoveicoli in favore di altri usi di spazio urbano – spiega José Viegas, segretario generale del Forum Internazionale dei Trasporti dell’OCSE -“.
Le autovetture del futuro saranno in media più piccole, condivise e collegate ad altri servizi.
Se da una parte, quindi, il trasporto pubblico dovrà investire in infrastrutture su corridoi densi di traffico (ferrovia e metro) dall’altra il modello classico di trasporto pubblico (Bus Urbano) sembra ormai inefficace.
La tecnologia ormai permette un routing flessibile, reattivo alla domanda, che fa prevedere uno sviluppo di veicoli più piccoli, tra il taxi e il microbus, possibilmente elettrici, proponendo attraverso la condivisione prezzi ragionevoli e quindi maggiore accesso da parte delle fasce di cittadini economicamente più deboli.
La tecnologia può anche gestire meglio i trasferimenti intra e inter-modali in grado di fornire flessibilità e convenienza senza proprietà.
I processi innovativi ci sono, quindi, mancano le decisioni politiche che stentano a seguire il progresso tecnologico.
Si prospetta, quindi, un cambiamento graduale dalla proprietà dell’auto a una mobilità come servizio, basata sul car-sharing e anche il ride-sharing (sistemi di trasporto considerati quasi pubblici), strumenti per ridurre i costi, ridurre la congestione e le emissioni.
Ma come ha risposto il comparto politico, chiaramente accusato di non recepire con sufficiente velocità le soluzioni offerte dalla tecnologia e le necessità di trasporto dei cittadini che risentono di un sistema di TPL che, come tutti concordano, non é più sostenibile?
Sia l’assessore alla Viabilità e Trasporti del Comune di Torino, Claudio Lubatti, sia l’assessore ai Trasporti del Comune di Roma, Guido Improta, concordano sulla necessità di partire da una diversa distribuzione delle competenze politiche sui trasporti e da diversi criteri di ripartizione del Fondo Nazionale Trasporti. Servono investimenti e il Fondo deve premiare quei comuni più virtuosi nella gestione del TPL, attraverso, ad esempio, la lotta all’evasione e il recupero di efficienza.
03 ottobre 2014