mare e rifiuti – Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (PNUE) ha annunciato nei giorni scorsi l’entrata in vigore di un piano regionale per la gestione dei rifiuti nel mar Mediterraneo.
L’iniziativa è stata adottata nel dicembre del 2013 dai ministri di 21 Paesi che si affacciano sul bacino, nonché dalla Commissione europea e dai membri della Convenzione di Barcellona per la protezione del litorale mediterraneo.
«Con questo piano, la regione si pone come pioniera nell’adozione di misure giuridiche vincolanti sui rifiuti presenti in mare», ha spiegato lo stesso PNUE in un comunicato.
L’obiettivo, conformemente agli impegni assunti a livello internazionale al summit Rio+20 di giugno 2012, è di ridurre il quantitativo di rifiuti entro il 2025. Ma anche di assicurare la gestione dei materiali solidi in modo sostenibile per l’ambiente, promuovendo il riciclaggio. «I rifiuti di plastica che galleggiano in mare, o che sono abbandonati sulle spiagge, costituiscono l’83% dei rifiuti presenti nel Mediterraneo. Il resto è costituito da carta, metalli, legna e fibre tessili» sottolinea l’agenzia delle Nazioni Unite.
Il Mediterraneo diventa quindi pioniere nel mondo nella lotta contro i rifiuti marini.
Il piano, con tanto di tabella di marcia e tante scadenze entro il 2020, intende raggiungere un ‘buono stato di salute’ del mare partendo da prevenzione, riduzione, riuso e riciclo, oltre che da una gestione integrata dei rifiuti marini con quella dei rifiuti solidi, che nelle aree costiere significa coinvolgere migliaia di paesini e tante città.
Il via ufficiale costituisce una tappa significativa a livello politico, che punta ad avere impatti concreti per liberare il mare dall’immondizia.
“E’ importante sottolineare il fatto che tutti i 21 Paesi costieri che fanno parte dell’accordo di Barcellona, inclusa l’Italia, si sono impegnati a prendere le misure necessarie a livello legale, finanziario ed amministrativo per l’esecuzione di questo piano, che ha una valenza regionale, ma che poi deve essere realizzato a livello nazionale e locale” spiega Gaetano Leone, coordinatore di Unep/Map.
Una vera e propria svolta per i Paesi del bacino, inclusi quelli che una normativa sui rifiuti avanzata ancora non ce l’hanno. Dichiarata guerra all’uso dei sacchetti di plastica – Fra le prime scadenze del 2014 c’è l’aggiornamento dei piani nazionali per combattere l’inquinamento da terra.
L’intero elenco delle misure che i 21 Stati devono “esplorare e attuare per quanto possibile” è un vero e proprio piano di battaglia, che per il 2017 cerca di ridurre l’uso dei famigerati sacchetti di plastica tramite accordi volontari con supermercati e dettaglianti. Nel mirino anche gli imballaggi, con la vendita di alimenti secchi e prodotti per la pulizia in contenitori riutilizzabili, depositi obbligatori per il recupero e ripristino di contenitori per bevande e di contenitori di polistirolo nel settore ittico.
Sempre entro il 2017 dovrebbero vedere la luce possibili accordi con l’industria della plastica, per ridurre al minimo la decomposizione in micro-frammenti dannosi per l’ambiente e tutta la catena alimentare.
L’Unep/Map è pronto a dare assistenza ai vari Paesi, ma in caso di mancato rispetto non prevede multe. Il sistema della Convenzione di Barcellona si basa piuttosto sulla sanzione politica: “Abbiamo un comitato che esamina le relazioni dei Paesi – spiega Leone – e crea l’opportunità di verificare e comunicare se e quanto l’impegno è stato mantenuto”.
I documenti sono pubblici, quindi è sempre possibile sapere chi siano le ‘pecore nere’. A fare da ‘cane da guardia’ ci saranno gli ambientalisti.Soddisfazione del responsabile mare del Wwf – Secondo Marco Costantini, responsabile mare del Wwf Italia, l’entrata in vigore del piano è “un passo positivo, che va nella direzione di affrontare un problema emergente nel Mediterraneo che è quello delle plastiche galleggianti e del ‘marine litter’. Il nostro ruolo sarà quello di monitorarne l’applicazione”.
04 agosto 2014