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Le piante comunicano, vedono, ascoltano

biodiversità Oltre il 99,5% della vita sulla terra è vegetale. Già 500 milioni di anni fa le piante hanno optato per quella fonte di energia infinita e pulita che è il sole, che solo oggi l’uomo ha adottato come una delle soluzioni più intelligenti al problema energetico.
Sono capaci di vedere, ascoltare, comunicare, scegliere e ricordare. A dirlo è la ricerca scientifica, come affermano Stefano Mancuso e Alessandra Viola in ‘Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale’ (Giunti editore).

Le piante possiedono tutti i cinque sensi dell’uomo: vista, udito, tatto, gusto e olfatto. Ognuno sviluppato in modo ‘vegetale’, s’intende, ma non per questo meno affidabile. È dunque lecito pensare che da questo punto di vista siano simili a noi? Tutt’altro: esse sono estremamente più sensibili e, oltre ai nostri cinque sensi, ne possiedono almeno un’altra quindicina. Per esempio, sentono e calcolano la gravità, i campi elettromagnetici, l’umidità e sono in grado di analizzare numerosi gradienti chimici.

Come gli esseri umani, anche le piante riescono a risolvere i problemi, difendono il territorio, accudiscono i piccoli, fanno calcoli, stringono alleanze e sono persino capaci di autocoscienza.
Quanto basta per rendere necessario un vero dibattito sul rispetto della loro dignità e dei loro diritti, ma anche, e soprattutto, sulle nuove infinite conoscenze che potremmo apprendere dal loro comportamento.

Straordinaria è la loro capacità di sopravvivenza: non hanno nessun organo definito e insostituibile, hanno una struttura modulare che gli consente di perdere sino al 90% del loro peso senza morire o perdere la possibilità di riprodursi, cosa che non esiste nel mondo animale.

Le piante sono il grande simbolo della modernità. La chiave di un futuro che sarà organizzato attorno a sistemi in rete, decentrati, modulari, capaci di nutrirsi di luce, ma solo se sapremo immaginare qualcosa di completamente diverso, magari ispirandoci e studiando proprio il mondo vegetale.

Intervista al professore Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze

06 giugno 2014

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