emergenza territorio – La pianificazione territoriale, la cura del verde, sia urbano che extraurbano, sono in grado di fornire di benefici misurabili.
A darne conferma in una nota il CONAF, Consiglio nazionale dei dottori agronomi.
Gli eventi meteorologici di novembre hanno messo letteralmente in ginocchio gran parte del territorio italiano da nord a sud dal Piemonte alla Liguria, da Venezia a Matera, passando per il Polesine, la Puglia e molte altre aree.
Parliamo purtroppo di realtà che ci pongono, ancora una volta, di fronte all’urgenza di attivare politiche di cura del territorio.
I problemi che coinvolgono il territorio cittadino, dove i danni a cose e persone sono insostenibili, ma hanno origine a monte.
“Diventa necessario, quindi, realizzare una pianificazione territoriale di lungo periodo, a monte innanzitutto, poi nelle aree periurbane e in quelle urbane, che sia integrata da soluzioni di progettazione agroforestale, perché la cura del verde – sia urbano che extraurbano – è portatrice di benefici – assicurano i responsabili del CONAF -“.
Il territorio? Mal gestito da anni
“Per anni abbiamo mal gestito il territorio, a monte con interventi puntuali anziché di bacino, in pianura consumando il suolo disponibile a ritmi insostenibili. Le rilevazioni dell’ISPRA ci confermano che lo scorso anno nelle aree urbane ad alta densità abbiamo perso 24 m2 per ogni ettaro di area verde, quasi la metà nelle aree urbane, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense. E gli effetti che misuriamo sono che in città circa il 75% dell’acqua piovana defluisce, attraverso la rete fognaria, direttamente ai fiumi a causa dell’impermeabilizzazione – spiega Sabrina Diamanti, presidente CONAF –.
Bisogna lavorare per rallentare la corsa dell’acqua da monte a valle, e per farlo serve un processo di pianificazione-progettazione-gestione del territorio. È evidente l’importanza di avviare al più presto politiche sostenibili che riducano gli effetti di degrado e di dissesto territoriale e che siano integrate a quelle del verde urbano”.
Il problema a monte
Gli alberi e i suoli forestali evoluti regolano il ciclo delle acque, riducono la velocità di scorrimento delle acque piovane e ne favoriscono l’assorbimento. In questo modo, il rilascio dell’acqua caduta al suolo è graduale e il tempo che la pioggia impiega a raggiungere il bacino si dilata, riducendo i picchi di piena a valle. Non a caso, i coefficienti di piena da applicare nei calcoli delle portate nei progetti, in presenza di bosco ‘riducono’ la portata fino a un terzo rispetto ad aree urbane e fino al 50% rispetto ad aree coltivate a seminativo. In aggiunta, indagini sperimentali dimostrano il potere regimante e antierosivo del bosco: il taglio incontrollato di rapina provoca aumenti deflusso compresi fra il 20 e l’80% con grossissima incidenza sugli eventi di piena.
5 contributi che le piante offrono quando piove
Le piante offrono un contributo essenziale per arginare la conseguenza delle piogge, vediamo nel dettaglio i 5 contributi essenziali:
. i fusti, le foglie e le radici aumentano l’irregolarità della superficie e la permeabilità del suolo, incrementando la capacità di infiltrazione
. le radici legano le particelle di suolo diminuendone la erodibilità e lo rinforzano
. le radici degli arbusti possono funzionare da chiodi vivi ancorando alla roccia stabile sottostante lo strato superiore instabile.
. le foglie intercettano le precipitazioni e grazie all’assorbimento e all’evaporazione riducono la percentuale di pioggia che si infiltra nel suolo
. le piante estraggono l’umidità dal suolo e la disperdono nell’aria con l’evapotraspirazione, con una riduzione del contenuto idrico del suolo.