green jobs – E’ nata da Sifor, progetto europeo per il trasferimento in Italia di competenze per la valorizzazione dei rifiuti, la nuova figura del ‘valorizzatore dei rifiuti’.
Finanziato dalla Commissione europea, promosso dalla Regione Emilia-Romagna e coordinato dall’associazione Orius, dal 2012 Sifor – sistema formativo al valore-lavoro del riuso – ha permesso di delineare un profilo professionale innovativo già presente in Francia e Belgio. Il valorizzatore trova prevalente collocazione nelle cooperative sociali e nei centri del riuso/riutilizzo pubblici e privati, come luoghi di innovazione per eccellenza.
“Il valorizzatore rappresenta un’attività strategica per lo sviluppo dei “green jobs” collegati alla sostenibilità sociale – segnala Serenella Sandri, project leader Sifor per la Regione Emilia-Romagna – per gestire i processi di selezione, preparazione al riutilizzo e commercializzazione dei rifiuti recuperati a nuova vita. La “rivoluzione copernicana” della valorizzazione, sta nel ribaltare l’ordine del trattamento dei rifiuti: prima di ogni altra lavorazione (quindi anche del riciclo, dell’incenerimento e della discarica) i rifiuti dovrebbero essere sottoposti alla verifica delle possibilità di un loro riutilizzo”.
Tra i partner italiani anche l’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha fornito il tutoraggio scientifico alle sperimentazioni e l’associazione nazionale Atia Iswa, che ha organizzato azioni formative mirate.
Dall’Europa provengono i partner Envie Strasburgo, fondatore di una delle più estese reti europee nei RAEE con 25 imprese sociali, 45 negozi, un venduto in tutta la Francia di circa 80.000 apparecchi l’anno, la rete Rreuse con sede a Bruxelles, che rappresenta 22 organizzazioni non profit impegnate in attività ambientali in 11 paesi EU, la Fondazione Trinijove che in Catalogna gestisce attività ambientali con persone svantaggiate e la raccolta dei rifiuti dell’aeroporto locale, la Fondazione Pestalozzi che cura in Romania attività formative per l’inclusione di persone svantaggiate.
Punto focale del progetto sono i rifiuti RAEE, tessili e ingombranti, da recuperare tramite pratiche di riutilizzo anche in Italia, grazie agli esempi di eccellenza in Europa. Finalità di queste attività, oltre a quella ambientale di riduzione dei rifiuti, è l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate all’interno dei centri del riuso/riutilizzo gestiti da cooperative e imprese sociali.
“Abbiamo supportato tutte le fasi progettuali e operative del progetto – ha segnalato Rita Gamberini, responsabile progetto per l’Università di MoRe – con studi di fattibilità ed elaborazione dati su modelli di business plan. Abbiamo inoltre sperimentato con successo un processo di igienizzazione efficace degli abiti usati, condizione richiesta dalla legge italiana per avviare attività di riutilizzo in questa filiera. Secondo le nostre previsioni – ha concluso Gamberini – una volta a regime i processi di riutilizzo potranno consentire il recupero tra 20 e 25% del volume di rifiuti raccolti su queste tre filiere nel nostro territorio.”
Manuela Ratta, settore rifiuti della Rer, ha evidenziato la necessità favorire e governare le nuove istanze della “preparazione al riutilizzo” ccme inserita anche nel Piano regionale per la Gestione dei Rifiuti, come indicato dalle direttive europee.
Elisabetta di Pardo, settore qualifiche della Regione, descrive l’impostazione del nuovo profilo professionale di valorizzazione dei rifiuti, prodotto in collaborazione tra Emilia Romagna e Catalogna. Si tratta di competenze manageriali a “banda larga” – di pianificazione e gestione di impianti/servizi di raccolta, trattamento, vendita del bene/rifiuto – per garantire massima aderenza alle richieste del mercato del lavoro pubblico e privato.
“Il progetto futuro – ha spiegato la Di Pardo – potrebbe essere quello di implementare anche i profili di progettazione/produzione industriale, puntando a un sistema economico circolare, in cui le stesse risorse vengono utilizzate più volte attraverso il riciclo continuo”.
02 aprile 2015