ambiente – Solo un fiume su dieci in Europa è abbastanza in salute da fornire acqua e riuscire a far fronte ai cambiamenti climatici, ad evidenziarlo a chiare lettere é il rapporto WWF “Save the Alpine Rivers!” il primo studio globale sui sistemi fluviali dell’intero Arco Alpino, condotto in coordinamento con l’Università per le Risorse Naturali e le Scienze della Vita di Vienna.
Quello che il WWF ha rilevato è che pochissimi fiumi alpini sono ancora incontaminati. “Per i grandi corsi d’acqua la situazione è particolarmente grave” spiega Christoph Litschauer, a capo del Programma Acque del WWF European Alpine Programme.
“In tutto ci sono solo 340 chilometri tra i grandi fiumi delle Alpi che mantengono uno stato ecologico elevato, in contrasto con i 2.300 chilometri che sono stati classificati come artificiali o che sono stati profondamente modificati dall’uomo” spiega Litschauer.
“Solo l’11% dei fiumi alpini è ancora ecologicamente intatto. Si tratta per lo più di piccoli corsi d’acqua, per la maggior parte minacciati dallo sviluppo di piccoli impianti idroelettrici”.
Si tratta di risultati che pesano, se pensiamo che in Europa sono 14 milioni le persone che utilizzano l’acqua delle Alpi per gli usi domestici e per produrre energia.
“Quello che serve è costruire un dibattito qualificato, a livello panalpino, che chiarisca quali habitat vogliamo preservare in futuro. Questo significa che dobbiamo stabilire quali fiumi proteggere prima che gli effetti cumulativi dello sfruttamento idroelettrico e dei cambiamenti climatici creino impatti tali da essere disastrosi,” conclude Litschauer.
Lo studio del Wwf, infatti, permette di evidenziare quei corsi d’acqua che dovrebbero essere la priorità per i futuri progetti di ripristino. Le priorità d’intervento si basano sui dati della Direttiva Quadro sulle Acque, sullo stato di protezione secondo Iucn e sulla presenza di piane d’esondazione naturali, in modo da poter rappresentare il grado di naturalità di ciascun tratto di fiume.
Il sistema combina inoltre i principali dati sulle pressioni esercitate dall’uomo, in modo da stabilire un livello di urgenza per la protezione di fiumi come il Lech in Austria, la Soca (l’Isonzo sloveno) o il nostro Tagliamento. A minacciare questi fiumi, oltre alla costruzione di dighe e la regolazione delle acque, i molti argini convertiti in aree urbane o agricole, riducendo la capacità dei corsi d’acqua di far fronte alle inondazioni, e i cambiamenti climatici.
Secondo uno studio condotto per il governo austriaco, infatti, l’aumento della temperatura nelle Alpi è molto più alta rispetto ad altre regioni del mondo: sarebbe aumentata di 2° C negli ultimi 200 anni, a fronte di un aumento medio globale di 0,85° C.
“Gli eventi meteorologici estremi sono sempre più probabili e dobbiamo proteggere e rafforzare la capacità delle nostre ‘infrastrutture verdi’, compresi fiumi e zone umide”, aggiunge Litschauer. Invece, l’aggressione al territorio è caratterizzata da un consumo di suolo che in Italia viaggia al ritmo di 93 ettari al giorno, dalla canalizzazione dei corsi d’acqua e dalla loro artificializzazione. Situazione che è valsa all’Italia una procedura di accertamento aperta dalla Commissione Europea a seguito di denunce per l’eccessivo sfruttamento per fini idroelettrici in particolare dei bacini alpini di Tagliamento, Oglio e Piave.
Il Wwf ora teme che, a seguito delle polemiche dopo le recenti sciagure, vengano sbloccati fondi per realizzare interventi a “pioggia”, di tipo “tradizionale” (canalizzazioni, coperture di alvei…), al di fuori di qualsiasi pianificazione e logica di bacino e, soprattutto, lontani dagli annunciati “interventi integrati finalizzati alla riduzione del rischio, alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversità e che integrino gli obiettivi della direttiva 2000/60/Ce e della direttiva 2007/60/Ce” del Governo indicati nella Legge di Stabilità 2014.
Nonostante siano uno degli ecosistemi montani più densamente popolati al mondo, le Alpi contengono una varietà di luoghi selvaggi e incontaminati importanti per la biodiversità. Lo studio del Wwf definisce zone interdette alle centrali idroelettriche e mette in evidenza i tratti fluviali che potranno essere rinaturalizzati.
22 ottobre 2014