clima e ambiente – Negli ultimi cinque anni vi è stato un rallentamento della crescita delle emissioni globali di CO2 e un loro disaccoppiamento rispetto alla crescita del PIL, dovuto al considerevole sviluppo delle rinnovabili in ben 51 dei paesi presi in considerazione, in molti dei quali si è registrata una crescita percentuale annua in doppia cifra.
A darne conferma i dettagli che emergono dal rapporto Rapporto Germanwatch 2015 sulle performance climatiche dei 58 paesi che, insieme, rappresentano oltre il 90% delle emissioni globali.
Il documento è stato presentato in occasione della COP20, la conferenza internazionale sul clima delle Nazioni Unite, da Legambiente insieme alle altre associazioni del Climate Action Network.
Paese per paese vengono analizzate il livello delle emissioni annue, il trend degli ultimi anni, lo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, la politica climatica internazionale ed internazionale.
Il risultato è una classifica che mette in luce le buone performance dei paesi europei, Danimarca e Svezia in primo luogo, i piccoli passi in avanti di USA e Cina e – se ancora ce ne fosse bisogno – il ruolo fondamentale dello sviluppo delle fonti di energia pulita per la riduzione delle emissioni di gas climalteranti.
Una tirata d’orecchie arriva anche quest’anno per il nostro paese: l’Italia infatti senza un cambio di politiche non centrerà gli obiettivi di riduzione della CO2 (scheda performance Italia)
Secondo Mauro Albrizio, responsabile Clima di Legambiente, “nei prossimi giorni a Lima i governi dovranno mettere in campo la necessaria volontà politica per sfruttare a pieno queste condizioni, in modo da garantire che il prossimo anno a Parigi si possa raggiungere un ambizioso accordo globale sul clima. Ma è fondamentale che anche gli altri paesi sviluppati ed emergenti, che occupano le posizioni medio-basse della classifica mettano sul tavolo i loro impegni nazionali, in modo da dare nuovo slancio ai negoziati e spingere così anche i paesi in via di sviluppo a fare la loro parte”.
La ‘top 10’ della classifica – con l’eccezione del Marocco che conferma la positiva performance dello scorso anno – è occupata da paesi europei. Vi sono infatti – oltre ai due paesi scandinavi – Regno Unito, Portogallo, Cipro e Irlanda. La Germania continua a rimanere nelle retrovie, confermando il 22° posto dello scorso anno, dopo molti anni di leadership.
“Caduta – spiega Legambiente – dovuta al rilancio del carbone che ha fatto aumentare le emissioni e compromettere il raggiungimento dell’ambizioso obiettivo di riduzione entro il 2020 del 40% delle emissioni rispetto al 1990. La Germania con il trend attuale si attesterebbe al 32%”.
Va sottolineato, infine, il piccolo passo in avanti fatto da Stati Uniti e Cina, che grazie ai significativi investimenti nel settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica degli ultimi anni, risalgono il fondo della classifica e si posizionano rispettivamente al 44° e 45° posto. Ulteriori passi in avanti si prevedono per i prossimi anni, se i nuovi impegni annunciati dai due paesi lo scorso novembre verranno tradotti in realtà.
Si tratta comunque di primi impegni, politicamente rilevanti, ma ancora insufficienti – come quelli europei dello scorso ottobre – a garantire il giusto contributo di questi paesi a mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia critica dei 2°C.
09 dicembre 2014