bioprodotti – Un ‘tesoro’ di 160 milioni di tonnellate di scarti agroalimentari, deiezioni animali e sottoprodotti agricoli che possono essere trasformati in ‘bioprodotti’. Il dato è emerso oggi durante BioEnergy Italy, il salone delle tecnologie per le energie rinnovabili in programma fino al 27 febbraio presso CremonaFiere affiancato quest’anno da Green Chemistry Conference and Exhibition e Food Waste Management Conference (in collaborazione con Legambiente, Chimica Verde Bionet e Aita).
Il settore dei bioprodotti è in continua espansione in Italia e può utilizzare una grande varietà di scarti e sottoprodotti agricoli come deiezioni animali (130 milioni di tonnellate), frazioni organiche di rifiuti urbani (10 milioni di tonnellate), residui colturali (8,5 milioni di tonnellate), scarti agro-industriali (5 milioni di tonnellate), fanghi di depurazione (3,5 milioni di tonnellate), scarti di macellazione (1 milione di tonnellate).
Nel corso della fiera è emerso che a livello europeo il mercato dei principali bioprodotti (bioplastiche, biolubrificanti, tensioattivi vegetali e biosolventi) raddoppierà da 20 a 40 miliardi di euro nei prossimi 16 anni occupando circa 93mila addetti.
E’ in aumento anche la domanda di materie prime agricole per lo sviluppo di bioprodotti, come dimostra la riconversione dell’ex petrolchimico di Porto Torres in Sardegna che consentirà, una volta completati gli impianti, di produrre 350mila tonnellate di prodotti chimici biologici all’anno partendo dalle coltivazioni locali.
La bioeconomia è considerata dai governi di Europa, Stati Uniti e Cina la via maestra per garantire alle future generazioni sviluppo sostenibile, sicurezza alimentare e minore dipendenza dalle fonti fossili di energia. Ma di cosa si tratta? E’ un complesso di attività che ha il suo fulcro nell’agricoltura e che in Europa genera un fatturato di circa 2mila miliardi di euro e dà lavoro a 22 milioni di persone. Si occupa della trasformazione di risorse biologiche rinnovabili e rifiuti biodegradabili in prodotti a valore aggiunto come alimenti, mangimi, bioenergie, intermedi chimici e bioprodotti.
Secondo quanto emerso durante il BioEnergy Italy, in Europa è previsto un investimento nell’innovazione per la bioeconomia di 2 miliardi di euro nei prossimi 7 anni. La Germania, ad esempio, ha stanziato un budget di 2,4 miliardi di euro in 5 anni e altri programmi stanno partendo in Svezia, Belgio, Norvegia e Danimarca. Negli Stati Uniti sono state varate dal 2002 diverse leggi a sostegno dei bioprodotti derivati dall’agricoltura e l’amministrazione Obama ha lanciato di recente un nuovo ‘National Bioeconomy Blueprint’ che traccia gli indirizzi strategici per i prossimi anni. In Cina le biotecnologie sono considerate una delle sette industrie strategiche emergenti e si punta in particolare sull’aspetto farmaceutico e sui bioprodotti.
In questo contesto la chimica verde è il settore più innovativo della bioeconomia e rappresenta una grande sfida ecologica e una grande occasione di rilancio economico per l’Italia e per l’Europa. La chimica verde utilizza materie prime rinnovabili di origine agricola per realizzare una nuova generazione di prodotti e composti chimici a basso impatto per l’ambiente e per la salute.
25 febbraio 2015