agricoltura bio-sociale – Un marchio per i cibi ‘liberi da sfruttamento’: basta con i pomodori coltivati da manodopera pagata 2 euro e mezzo, i consumatori d’ora in poi devono poter essere informati e poter scegliere. A lanciare il progetto “Qualità del lavoro”, nel corso del convegno “Nutrire il Pianeta, rispettare i diritti” sono Arci, AIAB e CGIL. L’esperienza parte da una fase di sperimentazione avviata in Calabria, tra Rosarno e Gioia Tauro. L’obiettivo è quello di sperimentare un sistema di certificazione partecipata delle imprese che impiegano regolarmente lavoratori italiani e stranieri, in particolare nel settore agro alimentare.
“L’elemento sul quale si fonda l’agroalimentare è la qualità, intesa non solo come qualità intrinseca del prodotto, ma come qualità della filiera e del territorio” ha dichiarato Andrea Olivero, vice ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
“La tutela della dignità e del lavoro è parte integrante di quella qualità che ricerchiamo come consumatori e come cittadini e costituisce valore aggiunto per la competitività del sistema Paese”.
“Per un salario che può arrivare anche alla soglia minima di due euro e mezzo lavorano in Italia circa 400.000 immigrati in agricoltura”, ricorda Filippo Miraglia, vicepresidente dell’Arci.
“Dovrebbero riceverne almeno 8,60 per una giornata di 8 oree non dovrebbero essere taglieggiati per raggiungere i campi o per avere una bottiglia d’acqua”.
“Biologico non significa solo rispettare la naturale produttività dei suoli e aumentare la qualità dei prodotti: non c’è biologico senza giustizia sociale e rispetto delle regole”, ha ricordato Vincenzo Vizioli, presidente di Aiab.
“Proprio mentre celebriamo l’aumento di oltre il 6% in un anno di terreno convertito al bio dobbiamo impegnarci contro lo sfruttamento degli esseri umani”.
Il progetto ‘Qualità del lavoro’, ricordano gli organizzatori, “non vuol essere l’ennesimo bollino da aggiungere alle etichette dei prodotti agro alimentari quanto una opportunità concreta per sostenere la commercializzazione di prodotti provenienti da imprese oneste che rispettano i diritti dei lavoratori, l’ambiente e i diritti dei consumatori”.
La prima fase di sperimentazione è stata avviata in Calabria, in particolare nelle zone della Piana di Gioia Tauro nei territori dei comuni di Rosarno e Gioia Tauro. I primi risultati sono confortanti in termini di attenzione ed interesse da parte di una molteplice platea di soggetti che vanno dalle imprese, alle istituzioni locali interpellate, fino ai rappresentanti dei migranti, delle loro associazioni e dei sindacati. Ma ora – ricordano Arci, AIAB e CGIL – occorre andare oltre la sperimentazione, aumentando le imprese coinvolte e mettendo a punto un protocollo di certificazione.
28 luglio 2014