ambiente marino a rischio – “È corsa all’oro nero nel mare italiano: 24mila chilometri quadrati, un’area grande come la Sardegna, è sotto scacco delle compagnie petrolifere – tuonano da Legambiente -“.
I numeri e le storie “di una strategia energetica insensata” sono quelli raccolti nel dossier di Legambiente “Per un pugno di taniche. La corsa al petrolio nel mare italiano”, presentato a Pozzallo, in occasione della tappa siciliana di Goletta Verde.
“Un fermento all’estrazione del greggio favorito dalla scellerata strategia energetica nazionale che punta al rilancio della produzione di idrocarburi e in particolare da norme, come l’articolo 35 del decreto sviluppo, approvato il 26 giugno 2012, che hanno riaperto la strada alle attività anche nelle aree sottocosta e di maggior pregio – spiegano da Legambiente -.
Un vero assalto al mare italiano, in particolare all’Adriatico centro meridionale, allo Jonio e al Canale di Sicilia dove, oltre a quelle già attive, potrebbero presto sorgere decine di altre piattaforme. Questo, nonostante i numeri dimostrino l’assoluta insensatezza di continuare a puntare sul petrolio: il mare italiano, secondo le ultime stime del ministero dello sviluppo economico, conserva come riserve certe, circa 10 milioni di tonnellate di greggio che, stando ai consumi attuali durerebbero per appena due mesi.
Così, alla trasformazione energetica che negli ultimi dieci anni ha portato ad una quasi completa uscita dal petrolio dal settore elettrico, si risponde con un attacco senza precedenti alle risorse paesaggistiche e marine italiane, che favorirebbe soltanto l’interesse di pochi e sempre degli stessi: le compagnie petrolifere.
Le realtà locali restano succubi di queste scelte scellerate: Regioni, Province e Comuni sono, infatti, ormai tagliate fuori dal tavolo decisionale. Il futuro, la bellezza, l’economia del nostro Paese viene svenduto per ‘pugno di taniche'”.
18 luglio 2013