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IX Rapporto ISPRA: ridotte concentrazioni di pm10, ancora troppe auto

qualità ambiente urbano – In 60 comuni italiani, su una superficie pari al 4% del totale nazionale, risiede il 24,9% della popolazione italiana (dato ottobre 2011). Come viviamo nelle nostre città, cosa respiriamo, come ci spostiamo? Fondamentale conoscere la quantità di emissioni di sostanze inquinanti e la qualità dell’aria, il verde urbano, la mobilità in città e i parchi auto, le forme di urbanizzazione e le dinamiche dell’uso del suolo, l’approvvigionamento idrico.
Questi, in estrema sintesi, gli argomenti principali del Rapporto ISPRA sulla Qualità dell’Ambiente Urbano, giunto al IX anno e presentato  Roma, alla presenza del Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando.

Nonostante i dati mostrino una situazione di diminuzione generalizzata delle emissioni inquinanti nelle città, per ciò che riguarda le concentrazioni in atmosfera, in particolare per PM10 e biossido di azoto, permangono criticità: si continuano infatti a registrare superamenti dei valori limite per questi due inquinanti, particolarmente nelle città del Centro-Nord, in Campania e Sicilia. Più diffuso il superamento dei valori soglia per l’ozono, per il quale non si rileva alcuna tendenza alla diminuzione delle concentrazioni in aria.

Le emissioni maggiori di PM10 – un mix di particelle emesso dai tubi di scappamento delle auto, dai camini delle caldaie e dei caminetti per il riscaldamento domestico, dai camini delle industrie – per il 2010 sono riferibili alle città di Roma, Taranto, Milano, Napoli e Torino, le minori a Campobasso e Aosta.

Per ciò che riguarda le concentrazioni di PM10, dal 2006 al 2011, su un set di 57 stazioni di monitoraggio, appartenenti al territorio di 29 città, si evidenzia una situazione di diffusa tendenza alla riduzione delle concentrazioni, debole ma significAmbienteativa, ad esempio, nelle città di Aosta, Bari, Bologna, Firenze, Palermo, Roma, Taranto, Torino.
Monossido di carbonio, benzene e biossido di zolfo, come per gli anni passati, non sembrano essere più un problema: non superano da anni i valori limite per le concentrazioni in aria e per quanto riguarda le emissioni in atmosfera il trend risulta per tutte le città in decrescita, con un valore medio di riduzione in particolare del monossido di carbonio tra il 2000 e il 2010 del 56%.

Da elaborazione ISPRA su dati ACI 2006-2012, si conferma la tendenza alla diminuzione del numero di autovetture private nelle otto città più grandi, con la sola rilevante eccezione di Roma, che inoltre è la città con il maggior numero di autovetture private (quasi 1.600.000), seguita da Milano (quasi 600.000), Napoli (poco più di 500.000) e Torino (circa 450.000).

Quanta acqua beviamo, quanta ne consumiamo e da dove proviene? Per le 60 città, sulla base di dati ISTAT, il valore medio del consumo di acqua per uso domestico diminuisce nel 2011 di circa il 14,5% rispetto al 2000. La più alta percentuale di riduzione dei consumi si registra a Monza seguita da Parma, Piacenza, Genova, Torino e Novara; nel 2011 delle 60 città solo Reggio Calabria, Palermo e Messina sono ricorse a misure di razionamento dell’erogazione dell’acqua.

Valle d’Aosta, provincia autonoma di Trento, Abruzzo, Sicilia e Sardegna si contraddistinguono come le uniche regioni autosufficienti dal punto di vista idrico, ma le regioni  del Centro-Sud si caratterizzano per i maggiori scambi di acqua: in particolare, la Puglia risulta la regione più dipendente: più del 60% della disponibilità complessiva da destinare all’utenza finale (circa 333,5 milioni di metri cubi di acqua ad uso potabile) proviene dalla Basilicata (per circa il 64%), dalla Campania (per circa il 36%) e in quantità residuali dal Molise.

La Basilicata si caratterizza come la regione che, più delle altre, contribuisce alle richieste delle regioni vicine, attraverso l’esportazione di circa il 70% dei volumi prelevati sul proprio territorio (circa 217 milioni di metri cubi d’acqua), destinato per lo più alla confinante Puglia.

Crescono le superfici artificiali e impermeabili: nel complesso le 51 aree comunali soggette a monitoraggio hanno cementificato un territorio pari a qacquauasi 220.000 ettari (quasi 35.000 solo a Roma), con un consumo di suolo giornaliero pari a quasi 5 ettari di nuovo territorio perso ogni giorno (sono circa 70 a livello nazionale). Il 7% del consumo giornaliero in Italia è concentrato nelle 51 città analizzate. In testa Napoli e Milano che hanno ormai consumato più del 60% del proprio territorio comunale. La maggior parte dei Comuni indagati ha destinato a verde pubblico meno del 5% della propria superficie; a Messina, Cagliari e Venezia le più alte quote di aree naturali protette, fondamentali per la conservazione della biodiversità urbana.

Anche in questa edizione – che comprende un focus interamente dedicato alle problematiche inerente alle acque in ambito urbano – la raccolta di dati proposti rappresenta la migliore e più aggiornata informazione consolidata disponibile sulla qualità dell’ambiente urbano in Italia che il sistema nazionale per la protezione dell’ambiente garantisce dal punto di vista tecnico-scientifico e offre come strumento per valutare affinità o divergenze nelle diverse realtà metropolitane.

Tra le novità, l’ampliamento dello studio a 9 nuovi capoluoghi di provincia (Alessandria, La Spezia, Como, Treviso, Pistoia, Pesaro, Caserta, Barletta, Catanzaro), per la scelta dei quali si è mantenuto il criterio demografico selezionando per regione il comune più popoloso fra quelli con popolazione oltre i 70.000 abitanti. Insieme ai capoluoghi trattati nelle edizioni precedenti, il numero complessivo delle città considerate arriva a 60.

14 ottobre 2013

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