shopper bio – Dal 1 gennaio sono state messe al bando le buste di plastica leggere ed ultraleggere per alimenti, dentro le quali venivano collocate frutta e verdura, ma anche carne ed effettati.
Al loro posto i supermercati hanno messo negli appositi contenitori shopper biodegradabili e compostabili a pagamento.
La notizia ha acceso gli animi dei consumatori che non sono d’accordo nel dover spendere anche pochi centesimi per acquistare i nuovi sacchetti.
Legambiente: non è corretto parlare di caro-spesa
La novità viene vista da molti come un vero e proprio nuovo balzello, una tassa da pagare per gli acquisti, ma per Legambiente non è corretto parlare di caro-spesa.
“L’innovazione – sottolinea Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – ha un prezzo ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purchè sia garantito un costo equo che si dovrebbe aggirare intorno ai 2/3 centesimi a busta. Così come è giusto prevedere multe salate per i commercianti che non rispettano la vigente normativa.
In questi anni gli italiani hanno apprezzato molto il bando dei sacchetti non biodegradabili, siamo sicuri che accoglieranno bene questa importante novità riguardante gli shopper leggeri e ultraleggeri finalmente compostabili. Occorre affrontare con efficacia il problema dell’usa e getta e allo stesso tempo contrastare il problema dei sacchetti illegali, ancora troppo diffusi, e promuovere le filiere delle produzione industriali innovative e rispettose dell’ambiente.
Con la nuova legge di bilancio maggiore tutela e salvaguardia dell’ambiente marino e della biodiversità
“Allo stesso tempo – prosegue Ciafani – auspichiamo che l’Italia continui a seguire, con impegni e azioni concrete, la strada tracciata in questi anni e la strategia messa a punto, basata sulla corretta gestione dei rifiuti da parte dei comuni, l’economia circolare promossa dalle imprese e il contrasto al marine litter, grazie anche alle ultime novità arrivate dalla legge bilancio, e infine una maggiore tutela e salvaguardia dell’ambiente marino e della biodiversità”.
Per chi non vuole spendere i 2 o 3 centesimi del costo di un sacchetto di plastica riciclabile per ortofrutta, l’alternativa potrebbe essere la borsa a rete, o “net bag” come la definiscono gli americani. Su internet la si trova da 1,5 euro a 8 euro, in materiale plastico, corda o cotone biologico.
Ma la si può acquistare anche nei negozi ed i più fantasiosi e amanti del fai da te la possono anche realizzare all’uncinetto.
La net bag è utilissima e adeguata agli acquisti: i prodotti si ripongono al suo interno e l’adesivo con il prezzo si attacca perfettamente alla rete.
L’estate scorsa la vecchia retina della nonna aveva spopolato fra le influencer di Instagram per un utilizzo in vacanza, oggi potrebbe essere la vera alternativa alle bustine riciclabili a pagamento.
Consumo annuo pari a 100 miliardi di sacchetti in Europa
In Europa, secondo gli ultimi dati diffusi dall’EPA, si stima un consumo annuo di 100 miliardi di sacchetti, una parte di questi finiscono in mare e sulle coste.
Legambiente ricorda che in questi anni l’Italia si è dimostrata un esempio virtuoso in Europa per la riduzione dell’uso delle buste di plastica ed è stato il primo paese europeo ad approvare, nel 2011, la legge contro gli shopper non compostabili.
Ad oggi, anche se la misura non è del tutto rispettata, c’è stata una riduzione nell’uso di sacchetti del 55%. Se fosse esteso a tutti i Paesi del Mediterraneo e non solo, i risultati in termini sarebbero molto più rilevanti. Su scala mediterranea, la messa al bando degli shopper non compostabili è attiva in Italia, Francia e Marocco. Altri Paesi hanno introdotto delle tasse fisse (Croazia, Malta, Israele e alcune zone della Spagna, della Grecia e della Turchia). La Tunisia ha messo al bando le buste di plastica non biodegradabili nelle grandi catene di supermercati e Cipro metterà in atto la normativa europea a partire dal 2018.