plastica e ambiente – E’ un messaggio chiaro ed esplicito quello che torna a lanciare il Wwf sul problema dell’inquinamento da plastica.
L’occasione è quella del lancio del nuovo report Responsabilità e rendicontazione, le chiavi per risolvere l’inquinamento da plastica pubblicato dall’associazione in vista dell’Assemblea delle Nazioni Unite sull’Ambiente (UNEA-4) che si svolgerà a Nairobi (11 – 15 marzo).
C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel modo in cui gestiamo su scala globale la plastica – rimarca il Wwf – i costi ambientali e sociali dell’inquinamento che essa causa ad oggi ricadono in maniera eccessiva sui consumatori e su chi ha la responsabilità della gestione dei rifiuti.
La lotta all’inquinamento da plastica in natura non sarà risolutiva finchè non vi sarà l’impegno di tutti i settori coinvolti nel ciclo di vita della plastica.
È l’ora di affrontare il problema con strumenti efficaci su scala internazionale perché il mare non ha confini: urge un trattato globale vincolante e con un approccio unitario e condiviso che punti sulla responsabilità e la rendicontazione.
Per appoggiare la richiesta il WWF ha anche lanciato anche una petizione a livello mondiale: oltre 250.000 cittadini del mondo hanno già chiesto l’adozione di un nuovo Trattato globale sulla plastica.
Numeri impressionanti sulla plastica
Ogni anno su scala globale vengono prodotti 396 milioni di tonnellate di plastica vergine, circa 100 milioni di tonnellate (pari a un terzo dei rifiuti plastici prodotti, che ammontano a 310 milioni di tonnellate) sono quelle che vengono disperse in natura al mondo per colpa della scorretta gestione della filiera della plastica (dalla produzione, al consumo, al riciclaggio, allo smaltimento). Se il contesto, rimarrà immutato entro il 2030 l’inquinamento da plastica raddoppierà rispetto all’attuale e gli oceani saranno gli habitat più colpiti poiché oggi è più economico scaricare la plastica in natura piuttosto che gestirla efficacemente fino a fine vita.
Natura #plasticfree: si può
Lo scenario per una natura #plasticfree contenuto nel report WWF dimostra che questa generazione ha il potere di invertire la rotta: entro il 2030, con un approccio più sistemico lungo tutto il ciclo di vita della plastica, si potrebbe ridurre del 57% i rifiuti plastici (pari a 188 milioni di tonnellate di plastica in meno).
Il bando della plastica monouso (quella che ‘vive’ meno di 1 anno) può ridurre la domanda di plastica del 40%. Questo, unito ad una crescita di plastica riciclata, potrebbe abbattere della metà la produzione di plastica vergine. L’eliminazione del monouso ridurrebbe il carico di plastica nei rifiuti di il 57% in meno rispetto all’attuale. Inoltre, migliorare la gestione dei rifiuti e incrementare il riutilizzo creerebbe un’economia della plastica priva di forme di inquinamento capace di creare oltre 1 milione di posti di lavoro nella filiera del riciclo e rilavorazione.
Esistono gli strumenti per vincere l’emergenza
“Il modo in cui abbiamo gestito la plastica è mostruoso: la nostra civiltà ‘usa e getta’ ha fatto sì che quasi la metà di tutta la plastica diventi rifiuto in meno di 3 anni. Stiamo progressivamente soffocando il mondo e l’umanità sotto tonnellate di plastica senza assumercene la responsabilità. È bastata una generazione per creare quest’emergenza ma la buona notizia è che quella di oggi ha gli strumenti e le conoscenze per risolvere il problema. Il nostro report dimostra che si può fare: tutti i soggetti coinvolti nell’economia di questo materiale devono essere allineati all’obiettivo comune di porre fine alla dispersione in natura e risanare la catena del valore della plastica. Come cittadini europei abbiamo una grossa responsabilità: l’Europa è il secondo produttore di plastica al mondo e 2,1 milioni di tonnellate di imballaggi di plastica sono consumati ogni anno dagli italiani” dichiara Donatella Bianchi, presidente WWF Italia.
“L’attuale modo di produrre, utilizzare e smaltire la plastica è fallato. In questo sistema non vi sono responsabilità e rendicontazione: l’unica certezza è che enormi quantità di plastica finiscono in natura. Siamo nel bel mezzo di una crisi dovuta all’inquinamento da plastica. Questo materiale di per sé non è ‘cattivo’, nonostante ciò sono evidenti i danni alla vita marina e solo oggi stiamo iniziando a capire gli effetti sulla salute umana. Questa crisi la possiamo superare se ognuno saprà dare conto di come usa la plastica. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità condivise lungo tutta la filiera della plastica intervenendo in tutte le fasi, dalla progettazione al fine vita dei beni di consumo” aggiunge Marco Lambertini, direttore generale del WWF Internazionale.
Un trattato internazionale per bloccare l’inquinamento marino da plastica
Per il WWF serve un impegno solenne di tutti i Paesi del Mondo, un nuovo Trattato internazionale per fermare l’inquinamento marino da plastica, che sia legalmente vincolante e stabilisca un obiettivo globale di riduzione, target nazionali di riduzione, meccanismi di rendicontazione condivisi dei risultati conseguiti e che fornisca assistenza tecnica ed economica ai paesi più poveri.
Problema plastica: materiale ‘cheap’ e senza costi ambientali
Lo studio WWF ricorda che nei prossimi 15 anni la produzione di rifiuti potrebbe aumentare del 41% a causa dell’accelerazione della produzione di materie plastiche dovute al calo dei costi di produzione.
Inoltre il recente bando cinese alle importazioni di rifiuti farà sì che, dal 2030, 111 milioni di tonnellate di rifiuti plastici dovranno essere ridistribuiti a livello globale. In una situazione in cui su scala europea il 40% della plastica viene persa e non avviata al riciclo. In media ogni italiano produce ogni 5 giorni 1 chilo di rifiuti plastici.
Inoltre, nella catena del valore della plastica non vengono calcolate le esternalità ambientali, i costi per le comunità umane e per gli ecosistemi: ammonta a 8 miliardi di dollari il costo annuale degli effetti negativi diretti su pesca, commercio marittimo, turismo e sugli ecosistemi marini.
Al mondo sono oltre 270 le specie animali vittime dell’intrappolamento in reti da pesca abbandonate e in altri rifiuti plastici; sono 240 le specie che presentano rifiuti plastici nello stomaco. Si aggiunga che, se non vengono invertiti i trend attuali, al 2030 rischiamo che aumentino del 50% le emissioni di CO2 dovute alla plastica e triplichino quelle derivanti dal suo incenerimento.