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Le cattive abitudini alimentari si combattono con l’aiuto dei nonni

alimentazioneSecondo l’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI, solo 3 italiani su 10 considerano la famiglia il principale punto di riferimento nell’educazione alimentare: secondo alcuni studi internazionali è fondamentale invece la trasmissione degli stili di vita di generazione in generazione.

Una recente indagine, condotta dall’Università del South Australia su milioni di bambini di tutto il mondo, ha evidenziato come i ragazzi di oggi non tengano più il passo dei genitori: per percorrere un miglio di corsa, infatti, impiegano oggi 90 secondi in più rispetto ai piccoli di 30 anni fa. Secondo l’American Heart Association questa è la prima ricerca a dimostrare che la forma fisica dei bambini di tutto il mondo è peggiorata negli ultimi tre decenni. In particolare, dal 1975, la forma fisica dei ragazzi tra i 9 e i 17 anni è diminuita, ogni dieci anni, del 5%.

Ma da dove è possibile partire per avviare modelli positivi e corretti stili di vita?

Un studio, recentemente pubblicato dalla rivista Ecology of Food and Nutrition, evidenzia che la responsabilità degli adulti sull’educazione ai corretti stili di vita non incide solo sui propri figli ma anche sulle generazioni future. I comportamenti d’oggi sembrano dunque in grado di determinare quelli delle comunità di domani e le abitudini a una corretta alimentazione vengono trasmesse da una generazione all’altra.

I dati della V edizione dell’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI sembrano dimostrare, in Italia, la necessità di una maggior consapevolezza dell’importanza del nucleo familiare allargato per una corretta nutrizione. Solo per 3 italiani su 10, infatti, la famiglia rappresenta il principale punto di riferimento ai fini dell’educazione alimentare, con un 15% del campione che identifica nei genitori la fonte primaria di informazioni e un altro 15% che indica gli altri componenti, i nonni, interlocutori fondamentali nella promozione della ‘buona tavola’.

A sostenere il ruolo dei nonni sono i ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione Medica dell’Università di Monash e il Monash Asia Institute, in Australia, che hanno comparato le abitudini di un campione di 2.400 studenti (tra i 6 e i 13 anni) con quelle di quasi 1.800 persone in età avanzata, appartenenti alle medesime comunità, analizzando poi i risultati ottenuti dalle generazioni appartenenti alle diverse comunità.

Secondo la ricerca i bambini si sono dimostrati più orientati ad una dieta di qualità nelle comunità dove i membri più anziani mangiavano meglio. I dati, inoltre, hanno evidenziato un’associazione ancora più rilevante saltando una generazione: dove gli anziani seguivano buoni modelli nutrizionali anche i nipoti hanno seguito mediamente comportamenti alimentari più salutari deianziani propri coetanei di altre comunità. Da questo si potrebbe quindi dedurre che, all’interno di una comunità, la catena delle “buone abitudini a tavola” si sviluppi indietro nel tempo fino a coinvolgere diverse generazioni precedenti l’attuale.

Interessante evidenziare che, per isolare questa correlazione, i ricercatori hanno escluso una serie di fattori che incidono sulla dieta di qualità dei ragazzi, compreso reddito delle famiglie, educazione familiare e tempo speso guardando la TV. Quindi, quando i risultati sono stati isolati dalle inferenze generate da questi aspetti, la qualità delle diete alimentari della fascia più anziana si è mostrata ancora più significativamente associata con quella più giovane.

“Siamo perfettamente d’accordo con quanto emerso dalla ricerca: gli esempi positivi dei genitori e dei nonni influenzano i comportamenti dei giovani e non solo quelli alimentari” – sottolinea il dott. Giuseppe Fatati, coordinatore dell’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI.

I ragazzi ereditano non solo i geni ma anche, in qualche modo, lo stile di vita. Secondo gli ultimi dati Istat e Coni, tra il 2009 e il 2010 i bimbi di 6-10 anni che fanno sport sono aumentati: 100mila praticanti in più. Eppure i giovani in sovrappeso tendono ad aumentare. É importante capire che  fare sport due o tre volte la settimana non basta assolutamente, se per il resto della giornata l’alimentazione e l’attività fisica sono inadeguati.

Purtroppo come dimostrato dall’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI la famiglia rappresenta il principale punto di riferimento ai fini dell’educazione alimentare in meno di un terzo del campione. Altrettanto si può dire per quanto riguarda lo stile di vita attivo. In mancanza di esempi positivi familiari gli interventi educazionali più o meno strutturati tendono a fallire”.

07 febbraio 2014

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