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Meno gas serra dall’agricoltura con Climate ChangER

agro alimentare – Presentato a Bologna il progetto “Climate ChangER” che ha l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra di origine agricola in Emilia-Romagna attraverso nuove tecniche di coltivazione e allevamento che, a parità di rese produttive e qualità prodotti, possano ridurre la produzione di CO2 e degli altri principali gas che incidono sui cambiamenti climatici.

Il progetto di Regione e alcuni fra i più importanti gruppi dell’agroalimentare e della grande distribuzione (Barilla, Coop, Granarolo, Granterre, Centro servizi ortofrutticoli, Apoconerpo e Unipeg) è stato approvato dalla commissione Ue ed ha durata triennale e un costo di 1,8 milioni di euro cofinanziati al 50% dall’Europa.

Partner scientifici del progetto sono Arpa (l’Agenzia regionale di prevenzione e ambiente) e gli enti di ricerca Crpv di Cesena e Crpa di Reggio Emilia con il supporto del Consorzio del Parmigiano Reggiano.

La Regione Emilia-Romagna si candida quindi a laboratorio nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra di origine agricola.

Il valore aggiunto di Climate ChangER è dato dalla partecipazione di alcuni tra i più importanti gruppi nazionali e internazionali dell’agroalimentare e della grande distribuzione: un partenariato che rappresenta direttamente e indirettamente circa il 30% delle imprese agricole regionali e 7,5 milioni di consumatori. Un aspetto importante è costituito inoltre dalla possibilità di condividere le esperienze già avviate nel campo della sostenibilità ambientale dai singoli partecipanti.

Cosa prevede Climate ChangER …filiere agroalmentari - coltivazione orto
L’obiettivo è mettere a punto nuovi disciplinari di produzione agricola e zootecnica, utilizzando le tecniche più avanzate individuate dalla ricerca in ambito internazionale e partendo dall’esperienza ormai consolidata in Emilia-Romagna della lotta integrata.

Buone pratiche che potranno prevedere, tra l’altro, la riduzione dell’uso di fertilizzanti e fitofarmaci, una più razionale gestione delle risorse idriche, tecniche di lavorazione della terra più leggere, diverse modalità di gestione delle deiezioni, nuovi tipi di alimentazione degli animali.

I settori su cui si lavorerà sono quelli di grano duro, pomodoro da industria, pero, pesco, fagiolino, bovini (per la produzione di latte alimentare e di Parmigiano-Reggiano e da carne).

Un passaggio importante sarà dato dalla sperimentazione in azienda (grazie a un campione di imprese agricole che hanno già dato la loro disponibilità), ma l’obiettivo finale è introdurre in modo stabile i nuovi disciplinari nelle filiere produttive regionali, anche grazie alle risorse del nuovo Programma di sviluppo rurale 2014-2020, sostenendoli e valorizzandoli presso i consumatori.

L’applicazione delle nuove metodologie dovrà ridurre le emissioni di origine agricola dell’Emilia-Romagna di 200 mila tonnellate di CO2 equivalenti in tre anni, in coerenza con gli obiettivi europei della Strategia Europa 2020.

Il progetto utilizzerà la metodologia dell’Lca (Life cycle assessment) per calcolare l’impronta di carbonio (dunque le emissioni) delle diverse colture. Lo farà in considerando l’insieme delle colture, dunque in una logica di sostenibilità complessiva.
I gas più coinvolti nel cambiamento climatico in atto sono l’anidride carbonica (CO2), il protossido di azoto (NO2) e il metano (CH2). Secondo gli esperti il settore agricolo nel suo complesso contribuisce al 6,7% della produzione di gas serra.

“La riduzione di produzione di CO2 e degli altri principali gas climalteranti – ha spiegato l’assessore regionale all’agricoltura Tiberio Rabboni – non viene teocampo granorizzata o ipotizzata, ma sarà praticata sul campo da un campione di aziende agricole che adotteranno le buone pratiche nel loro processo produttivo. Queste buone pratiche saranno poi stabilizzate e diffuse attraverso i contratti di fornitura dei partner privati, il sostegno delle risorse del Programma regionale di sviluppo rurale 2014-2020 e azioni di sensibilizzazione verso i consumatori”.

“Porteremo nell’iniziativa – ha spiegato il responsabile Sicurezza e Ambiente Luca Ruini di Barilla – i risultati del nostro progetto ‘grano duro alta qualità’ con il quale abbiamo visto che è possibile ridurre l’impatto ambientale e, allo stesso tempo, migliorare le rese e abbattere i costi”.

“La qualità va perseguita a tutto campo, partendo dalla stalla – ha sottolineato Vittorio Zambrini, direttore Qualità di Granarolo, convinto che “ridurre l’impatto ambientale non sia da considerare un sovraccosto”, mentre Claudio Mazzini, responsabile Sostenibiltà e Innovazione di Coop si è soffermato sul ruolo fondamentale che “i cittadini con le loro scelte potranno svolgere nell’indurre il cambiamento nelle aziende”.

17 settembre 2013

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