formaggi – Sarà un’edizione di Cheese incentrata sui formaggi da salvare, quelli che fanno parte o che saliranno a breve sull’Arca del Gusto, e sui sapori provenienti dalle Isole Britanniche. Cheese 2013 la manifestazione internazionale, organizzata da Slow Food e Città di Bra con la partecipazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dedicata alle forme del latte, si terrà nella cittadina piemontese dal 20 al 23 settembre.
Nei 4 giorni dell’evento saranno affrontati tutti i temi scottanti che riguardano il settore lattiero caseario: dal latte crudo ai fermenti, dai pascoli alle contraffazioni alimentari.
Presentati sulle bancarelle, celebrati nei laboratori e discussi nelle conferenze, i formaggi sono senza ombra di dubbio i protagonisti di Cheese. Non dimentichiamo però i personaggi che contribuiscono a rendere la manifestazione così gustosa e intrigante: chef, esperti di vino, birrai e affinatori. Ecco alcune delle loro storie, in una passeggiata virtuale tra le vie di Bra.
Partiamo da chi ascolta e fa crescere i formaggi in tutte le loro forme: «Quando mi chiedono che lavoro faccio e rispondo: l’affinatore, vedo sguardi perplessi e a volte vorrei dire che sono un semplice bottegaio – risponde sorridendo Eros Buratti, dal suo meraviglioso negozio di Verbania -.
Un affinatore è colui che prende i formaggi da giovani, li mette nella propria cantina a riposare su assi di legno a temperature controllate e comincia a farli crescere. È un po’ come prendere dei bambini e portarli all’università».
Il punto di partenza è sempre un formaggio selezionato da pastori di fiducia, ma è nella cantina che l’affinatore dà l’impronta e il gusto giusto a ogni prodotto. Assaggiando un “affinato” si può capire il carattere dell’artigiano che lo ha lavorato, perché ognuno trasmette qualcosa di diverso ai propri formaggi, a seconda di come vengono stagionati, dei tempi e delle tecniche. «Una delle cose più divertenti è far assaggiare una toma stagionata al suo produttore e vedere che non la riconosce, tanta è la differenza con il formaggio fresco!», scherza Eros, presente nel Mercato in piazza Carlo Alberto.
Spostiamoci all’estero: saltiamo la Francia, paese in cui l’affinatore è una vera e propria istituzione, per incontrare la belga Bernadette Delange Raeymaekers, presidente dell’Union des Détaillants Crémiers Fromagers, che ora sta lavorando a un nuovo, ambizioso progetto: creare la Confédération internationale des fromagers détaillants.
«L’idea è nata qualche anno fa in Francia, quando abbiamo capito l’importanza di restare uniti, migliorare la comunicazione tra noi formaggiai e dettaglianti, confrontandoci, scambiando idee e consigli, e difendere i nostri progetti, sia a livello nazionale che internazionale».
Sono molti i produttori coinvolti, dalla Spagna alla Svizzera, dallo stesso Belgio alla Germania. «Cheese è il luogo perfetto in cui ritrovare il mondo del formaggio, quindi quale occasione migliore per coinvolgere gli altri affinatori e professionisti del settore!».
«Da sempre produciamo formaggi a latte crudo di vacca e capra senza ricorrere a elettricità o mezzi meccanici», raccontano Nipper e Sylvia Thompson, che gestiscono la fattoria Wegraakbosch di Haenertsburg, piccola località di montagna nel nord-est del Sudafrica. Paese, questo, in cui la produzione di formaggi è sì attestata da secoli, ma dove manca una vera tradizione casearia.
Slow Food ha voluto riunire i produttori nel nuovo, originale presidio dei formaggi a latte crudo del Sudafrica per sostenere il coraggioso lavoro di un ristretto gruppo di talentuosi casari che, fra varie difficoltà, si sta muovendo in direzione contraria a quella che dilaga nel Paese. Ma ritroviamo i nostri Nipper e Sylvia nella loro fattoria sostenibile, in cui «gli animali sono munti a mano, il latte è scaldato in un grande paiolo di rame su un fuoco di legna e la cagliata è lavorata manualmente». Inoltre, tutte le apparecchiature elettriche sono alimentate da energia solare, i campi sono concimati soltanto con compost e letame e sono banditi pesticidi e mangimi industriali.
È affidato invece alle parole di Beppo Rugo il racconto del Formadi frant, unico presidio di formaggio friulano. In dialetto, frant significa frantumato e indica il particolare processo di lavorazione. «Un assaggio di passaggio, su, coraggio», recita Beppo.
E infatti, assaggiando un pezzetto del suo frant, si percepisce subito l’impronta particolare di questo produttore un po’ visionario, per cui la qualità è l’unico grande imperativo: Beppo vuole controllare tutte le forme prima della marchiatura e della messa in vendita, aromatizzandole con pinoli, noci, uvetta e peperoncino.
«Dai miei formaggi voglio il meglio e uso solo il mio latte perché so ciò che mangiano le mie vacche. Sono io che ci metto la faccia, quindi voglio essere sicuro che alla gente piaccia il mio prodotto: questo è l’obiettivo».
Passiamo ora ai fornelli, con un testimone d’eccezione: «La versatilità del formaggio in cucina è pazzesca – parola di Davide Palluda, chef stellato, che venerdì 20 settembre ospiterà nel suo ristorante di Canale l’Appuntamento a Tavola All’Enoteca come da tradizione –
Il formaggio può davvero essere protagonista in tavola, dall’antipasto al dessert: se pensiamo al gorgonzola accompagnato da miele e noci vediamo come un simile connubio abbia centinaia di anni, e ci faccia ritrovare in bocca quel sapore rassicurante e riconoscibile a cui siamo abituati. Un bellissimo risultato».
Il piacere dei clienti, il rievocare in loro sensazioni speciali, è uno dei punti che sta più a cuore a Palluda, perché «con un piatto riuscito puoi far felici le persone, toccando inconsciamente corde intime e preservando memorie e ricordi».
E poi spazio alla fantasia dei Laboratori del Gusto, in cui si assaggiano i prodotti più strani e sconosciuti. «Nel 1883 Emil Christian Hansen isolava, nei laboratori della danese Carlsberg, una cellula pura di lievito, dando origine alla scientificità nella selezione dei lieviti e al concetto stesso di birra moderna», racconta Luca Giaccone, curatore della Guida alle Birre d’Italia di Slow Food Editore. Ma non è sempre stato così: «Per millenni le fermentazioni sono state miste e le contaminazioni a opera di altri microrganismi all’ordine del giorno, con un risultato molto diverso da quello odierno», continua. Affiancato da altri esperti, Luca vi conduce per mano nel Laboratorio Birre Antiche, domenica 22 settembre alle ore 19, alla scoperta di quei prodotti ormai scomparsi, ma dalla straordinaria profondità: «birre create con materie prime in disuso e con fermentazioni antiche che però è tempo di riscoprire».
Birra e pub, si sa, sono indivisibili: ma chi conosce davvero la figura del publican, la mente che sta dietro il bancone? Per scoprire questo mestiere, vi invitiamo al Laboratorio Italian Pubs, venerdì 20 settembre alle ore 19. «Il publican è fondamentale per raccontare le birre, consigliarle e insegnare a bere consapevolmente, diffondendo la cultura della birra artigianale, magari sorseggiando insieme un bel boccale. Ogni pub ha il proprio stile, alcuni sono veri e propri musei, in altri semplicemente ci si sente a casa. Ma il denominatore comune è sempre la passione con cui i publican presentano le loro bevande spumose», racconta Andrea Camaschella, docente Master of Food sulla birra. «In Italia i publican stanno crescendo, e in questo Laboratorio potete incontrare alcuni tra i più bravi».
27 agosto 2013