qualità dell’aria – Nel mondo ogni anno milioni di persone muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico e 9 persone su 10 vivono in luoghi con livelli di inquinamento più alti di quelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Si tratta di numeri che spingono a considerare questo fenomeno come una vera e propria pandemia.
L’inquinamento atmosferico in Europa causa ogni anno la morte di oltre 500.000 persone e ha costi esterni stimati da 330 a 940 miliardi di euro, tra il 2% e il 6% del Pil comunitario.
Per quanto riguarda i due inquinanti più critici a livello sanitario, particolato (PM10) e biossido di azoto (NO2), più della metà degli Stai membri, Italia compresa, è in procedura di infrazione.
La qualità dell’aria nelle città italiane, nonostante i miglioramenti dovuti alle tecnologie, alle nuove regolamentazioni, a un mix energetico migliore e a carburanti più verdi, resta sempre critica soprattutto in alcuni hot spot. Non solo il bacino padano – da Torino a Venezia – ma anche l’area metropolitana di Roma, quella di Napoli, l’area del frusinate, la Puglia, la costa sud est della Sicilia.
L’Italia, con oltre 90.000 morti premature e 1.500 decessi per milione di abitanti (1.116 solo per il particolato PM2,5) è maglia nera tra i grandi paesi europei per l’inquinamento atmosferico (1.100 in Germania, 800 in Francia e Regno unito, 600 in Spagna). I responsabili? Il traffico stradale, ma anche l’agricoltura e il riscaldamento a biomasse legnose.
“Ancora oggi – ha dichiarato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – l’inquinamento atmosferico rappresenta una delle principali minacce ambientali e sanitarie della nostra epoca.
Per vincere la sfida della qualità dell’aria dobbiamo innovare le nostre politiche, tenendo conto delle caratteristiche dell’inquinamento attuale, degli impatti potenziali del cambiamento climatico in corso, del ruolo crescente di settori “non convenzionali” che si aggiungono ai trasporti e all’industria, come le emissioni derivanti dal comparto agricolo e dal riscaldamento residenziale in particolare delle biomasse. L’Italia, se non cambierà rotta, non centrerà i nuovi target europei al 2030 e lo sviluppo della green economy in ambito urbano, ma non solo, è la soluzione più efficace per risolvere questa situazione”.
Il DNA dell’inquinamento italiano è stato studiato dal Report sulla qualità dell’aria, la ricerca realizzata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con Enea e con la partnership delle Ferrovie dello Stato, che propone un vero e proprio decalogo per mettere in campo misure nuove e più incisive contro l’inquinamento atmosferico, soluzioni strutturali che superino le emergenze e puntino sullo sviluppo della green economy.
Dieci le proposte considerate dal report che toccano toccano temi di carattere generale e altri di tipo più specifico relativi ai singoli settori. Eccole in sintesi:
1.Gli amministratori locali sono diventati una specie di capro espiatorio e devono essere aiutati: per questo serve una Strategia nazionale per la qualità dell’aria, che rinnovi la governance migliorando l’integrazione e centralizzando alcune responsabilità per incidere sulle politiche nazionali dei trasporti, sull’energia, sull’edilizia etc.;
2.La combustione energetica è il principale responsabile dell’inquinamento atmosferico ma fino a oggi l’orientamento ambientale è stato quello di puntare a ridurre le emissioni di gas serra, anche a scapito della qualità dell’aria.
Le politiche energetiche devono invece includere una valutazione degli impatti non solo sulla CO2 ma anche sui principali inquinanti atmosferici;
3.Agire con misure straordinarie e divieti nelle città solo dopo che sono stati raggiunti livelli critici di inquinamento non consente di risolvere l’emergenza: è necessario passare a un “approccio preventivo all’emergenza” mettendo in campo le misure prima che vengano raggiunti livelli di inquinamento critico;
4.Un sistema di mobilità basato sull’auto di proprietà è il primo ostacolo al miglioramento della qualità dell’aria nelle città: bisogna mettere in campo interventi e soluzioni per portare il parco circolante italiano a meno di 1 vettura ogni 2 abitanti (come oggi in Francia): si può fare scoraggiandone l’uso e sviluppando la mobilità condivisa;
5.Gli investimenti pubblici sulle infrastrutture per i trasporti seguono ancora vecchie logiche bisogna invertire questo rapporto e liberare ingenti investimenti pubblici in favore del trasporto rapido di massa, delle infrastrutture ciclo-pedonali, di sistemi di logistica intelligente;
6.Le politiche incentrate sugli standard Euro non hanno funzionato come oramai diventato di pubblico dominio dopo lo scandalo del “dieselgate”: servono nuovi strumenti fiscali, economici, regolatori per ridurre velocemente il numero dei veicoli diesel e benzina facendo crescere quelli ibridi plug-in, quelli full-electric e quelli a gas;
7.Il settore residenziale è il primo responsabile dell’inquinamento da particolato atmosferico: serve un cambio di passo, con strumenti e sistemi di finanziamento innovativi capaci di promuovere interventi di deep renovation intervenendo su interi edifici o gruppi di edifici esistenti e raggiungendo riduzioni dei consumi nell’ordine del 60-80%;
8.Nonostante siano spesso percepite come favorevoli all’ambiente e diano un contributo importante in termini di riduzione delle emissioni di CO2, le biomasse legnose contribuiscono in modo significativo all’inquinamento da particolato atmosferico nelle città: servono delle linee guida nazionali sull’utilizzo delle biomasse;
9.L’ammoniaca è un importante precursore del particolato atmosferico e l’agricoltura è responsabile del 96% delle emissioni nazionali di questo inquinante (principalmente da fertilizzanti e allevamenti): il comparto agricolo deve quindi promuovere nuovi interventi volti a ridurre l’azoto in eccesso nei terreni, a mitigare l’impatto degli allevamenti e a sviluppare l’agricoltura biologica meno impattante;
10.Nonostante i miglioramenti, l’industria è ancora il principale settore in Italia per emissioni di SOX e COVNM importanti precursori del particolato atmosferico: è possibile migliorare adottando per i grandi impianti i limiti più stringenti previsti per le migliori tecnologie disponibili (le c.d. BAT), definendo nuovi limiti alle emissioni e istituendo un inventario delle emissioni per i piccoli impianti, promuovendo l’elettrificazione e l’utilizzo di combustibili a basso impatto ambientale in impianti ad altissima efficienza.
02 ottobre 2017