emissioni Co2 – Nel 2013 le aziende italiane che partecipano al mercato europeo di scambio delle emissioni di Co2 (Emission Trading Scheme), hanno registrato una diminuzione delle emissioni di gas ad effetto serra pari all’8,2% rispetto al 2012 e una riduzione del 27,3% rispetto al 2005 (anno di entrata in vigore dei limiti imposti dall’Ue).
A darne notizia é EcoWay, primo operatore italiano attivo nella gestione e nel trading dei certificati di Co2, nel “Report emissioni 2013 – 2014” di gas serra delle aziende italiane sottoposte al meccanismo europeo dei certificati di emissione Ets, Emission Trading Scheme.
Lo studio mette in luce tutta una serie di dati evidenziando che il livello di emissioni degli impianti industriali che registrano le maggiori emissioni di Co2 (circa 1.124 in Italia, che producono più del 40% delle emissioni di gas effetto serra totali nazionali) si riduce di 15 milioni di tonnellate di Co2, passando da 179 milioni di tonnellate di Co2 equivalente nel 2012 a 164 milioni di Co2e ton nel 2013.
“Il sistema Ets, unitamente ad altre politiche di incentivazione alle rinnovabili e di promozione dell’efficienza energetica, ha permesso all’Europa di ridurre le emissioni nell’ultimo decennio sia in relazione al Pil che al numero di abitanti”, commenta Guido Busato, presidente di EcoWay.
Ma vediamo nel dettaglio i dati riferiti alle varie categorie.
Nel 2013 gli impianti di produzione di energia appartenenti alla categoria “utility” e che fanno capo a circa 80 gruppi societari, sono stati responsabili per oltre il 55% delle emissioni coperte da Ets. Gli impianti di raffinazione (18), contribuiscono invece per il 12% delle emissioni complessive. Risulta così che il 67% delle emissioni sotto Ets in Italia viene gestito da meno di 100 gruppi societari.
Il settore della calce e del cemento si colloca al terzo posto con il 10%. A seguire il settore della siderurgia e metallurgia (8%); il settore della carta con il 3%, ed i settori del vetro, dei laterizi e della ceramica (2%). Il settore industriale che ha registrato le maggiori diminuzioni delle emissioni rispetto all’anno scorso è quello delle utility (-11,65%), seguito dal settore della calce e cemento (-10,94%) e siderurgico (10,88%). Nel settore delle “utility” la riduzione delle emissioni è dovuta al calo della domanda e al contributo delle rinnovabili.
Il settore della raffinazione segue con una riduzione di emissioni tra 2012 e 2013 pari al 7% ed il settore del vetro riduce anch’esso le emissioni del 4,02%. Anche nel settore della carta le emissioni calano, ma solo del 2% nonostante l’uscita dallo schema Ets di 18 impianti (-12% degli impianti del settore). Gli unici settori che registrano un aumento delle emissioni sono quello della ceramica e laterizi e il gruppo generico degli impianti di combustione “altro”.
Nel 2013 la Puglia è la regione d’Italia che continua a registrare il numero più elevato di emissioni di Co2 (19,5%), anche se tra il 2012 ed il 2013 le emissioni sono calate del 16,3%, pur vedendo la cessazione d’attività di solo un impianto. Lombardia e Sicilia si confermano rispettivamente al secondo (13,3%) e terzo posto (11,8%).
Tutte le prime 10 regioni hanno registrato una riduzione delle emissioni tra il 2012 ed il 2013 ad eccezione dell’Emilia Romagna, che aumentando del 58% il numero d’impianti coinvolti (prevalentemente del settore ceramico), vede le proprie emissioni aumentare dell’8,5%, fino a 10.269.000 Co2e ton.
Tra il 2013 ed il 2014 a livello internazionale continuano a diffondersi strumenti di emission trading per la gestione delle politiche di controllo ai cambiamenti climatici. In particolare il modello europeo è diventato un riferimento anche per molti Paesi extraeuropei tra cui ad esempio: Kazakistan, Corea del Sud (in partenza a gennaio 2015), Usa (California e Stati della costa nord-atlantica), Canada (Quebec e Alberta).
In particolare la Cina ha avviato nel 2013 schemi Ets pilota nelle province a più elevato tasso d’inquinamento ed ha inserito la lotta ai cambiamenti climatici e l’adozione di un Ets a livello nazionale nel piano quinquennale 2016 – 2021.
Nato all’inizio del 2005 in linea con il protocollo di Kyoto, l’Eu-Ets è il primo mercato internazionale per lo scambio di quote di emissioni sviluppato dall’Unione europea con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte dalle imprese al minor costo per imprese e collettività. Il mercato Ets nel 2013 conta oltre 12.000 impianti industriali, di cui 1.124 in Italia, che producono circa il 40% delle emissioni totali di gas effetto serra generate in Europa. Dal 2012 fanno parte del sistema Ets oltre 300 compagnie aeree europee.
L’Eu-Ets è uno strumento economico di politica ambientale, di tipo “cap and trade” applicato alle emissioni di gas serra, che fissa un tetto alle emissioni per le imprese ed è costituito da un mercato dei permessi di emissione. Il ‘cap’ o tetto massimo di emissioni è espresso in numero di permessi ad emettere (Eua) che vengono distribuiti ad asta o in assegnazione gratuita ai gestori d’impianto.
Il cap (o numero di permessi) cala di anno in anno per garantire che a livello aggregato si raggiungano gli obiettivi di riduzione prefissati. Le aziende sono libere di scegliere se efficientare i propri processi produttivi riducendo le emissioni generate e vendere i permessi in eccesso (opzione make), o se superare i limiti di emssione ed acquistare da altri operatori un numero di permessi pari alle emissioni prodotte in eccedenza (opzione buy).
La Direttiva comunitaria ha suddiviso l’Eu-Ets in tre fasi: dopo un primo periodo pilota triennale di apprendimento (2005-2007), si è aperta una seconda fase (2008-2012), in cui l’Europa ha predisposto limiti più rigorosi per le quote di emissione. Nel 2013 è iniziata la terza fase che si protrarrà fino al 2020 e che presenta numerose novità in termini di applicazione, modalità di assegnazione e gestione delle quote e monitoraggio delle emissioni.
10 settembre 2014