ambiente e biologico – Nei campi bio la presenza di uccelli, specie predatrici, insetti e flora spontanea è del 30% superiore nelle aree messe a produzione secondo i dettami dell’agricoltura organica, che prevede la coesistenza tra zone coltivate, siepi, boschetti, rispetto ai campi convenzionali. E i singoli animali sono presenti in quota anche più elevata: 50% in più nelle aziende bio rispetto a quelle convenzionali. La chiamano biodiversità, e cresce in maniera netta su quel 9% della superficie agricola destinata al biologico nel nostro Paese.
Ma non basta: gli agricoltori e gli allevatori che hanno scelto la strada ‘organica’ usano il 23% in meno di energia per unità di prodotto rispetto a chi è rimasto dalla parte della chimica.
L’agricoltura organica utilizza quasi 4 volte più di rinnovabili si serve, con una percentuale del 20% in più, di sistemi di irrigazione più efficienti e che limitano gli sprechi di acqua. E naturalmente, le imprese bio non usano pesticidi che invece vengono rilasciati nel terreno e da qui nelle falde acquifere dall’agricoltura convenzionale.
L’AIAB, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente che si celebra il 5 giugno in tutto il mondo, rilancia i dati di una ricerca realizzata nell’ambito dell’ultimo programma Rete Rurale Nazionale. Conti alla mano le 49.709 aziende biologiche italiane hanno un impatto molto più sostenibile in termini di pressione ambientale da allevamenti, biodiversità, gestione delle risorse idriche, emissioni di gas serra, utilizzo di energie rinnovabili.
Nelle aziende biologiche zootecniche la pressione esercitata dagli allevamenti sulla superficie aziendale è nettamente più bassa rispetto a quella convenzionale: un numero inferiore a 2 bovini adulti per ogni ettaro di SAU (superficie agricola utilizzata) contro i 5 delle aziende tradizionali. Questo significa che le aziende biologiche che praticano l’integrazione tra produzioni vegetali e zootecniche sono quelle che garantiscono maggiore sostenibilità dell’allevamento, dato il ridotto numero di capi di bestiame per ettaro.
La biodiversità agricola, oltre a essere un elemento di salvaguardia del made in Italy, protegge i campi dagli eccessivi sfruttamenti dovuti alle monocolture. La stessa ricerca sottolinea come nel biologico le varietà coltivate in azienda siano 2,5, mentre nel convenzionale restano sotto alle 2 colture. Più elevato è il valore, maggiore è la distanza da un modello produttivo di tipo monocolturale associato a livelli di biodiversità poco elevati. Inoltre, l’inserimento di elementi semi-naturali del paesaggio (siepi, filari, muretti a secco, ecc), che rappresenta uno dei metodi utilizzati per conservare la biodiversità, è utilizzato per il 22% nelle aziende bio e per il 17% delle aziende convenzionali.
Molto significativa la differenza per la produzione di energie rinnovabili a cui si dedica solo l’1% delle aziende convenzionali, contro il 3,7% delle aziende biologiche. Le rinnovabili sono viste anche come fonti integrative di reddito, con potenziali effetti positivi sulla sostenibilità dell’attività agricola, sia ambientale sia economica.
Per quello che riguarda le emissioni atmosferiche di gas serra, una quota rilevante è legata anche ai processi di trasporto e conservazione degli alimenti.
La riduzione della distanza tra il luogo di produzione e quello di consumo del cibo può giocare un ruolo fondamentale per il contenimento delle emissioni derivanti dalla produzione agricola. A livello nazionale, le aziende agricole biologiche vendono direttamente in azienda circa il 5% in più della produzione rispetto a quelle convenzionali (19% contro il 14%).
Discorso a parte meritano le fonti d’irrigazione. Le aziende biologiche, pur irrigando una superficie maggiore rispetto a quelle convenzionali (a causa della loro minore produttività) sono più attente all’uso sostenibile dell’acqua e alla riduzione degli sprechi e si dimostrano più accorte nella scelta dei sistemi d’irrigazione. Il 74% delle aziende bio, infatti, utilizza sistemi a miglior efficienza idrica, una quota che scende al 56% per le aziende convenzionali.
“Il biologico – dice Vincenzo Vizioli, presidente di AIAB – si conferma come esempio di buone pratiche e come metodo in grado di assicurare un notevole contributo nella riduzione della pressione sugli ecosistemi e sull’ambiente.
Siamo convinti che si tratti di uno dei principali punti di partenza per avviare la necessaria inversione di marcia che il pianeta aspetta da tempo e che non è più rimandabile. E’ da questi dati, dunque, che si deve avviare la scelta strategica che i piani di Sviluppo Rurale delle Regioni devono fare. Non solo per le misure ambientali ma per la maggior parte di quelle previste dal nuovo ciclo di programmazione 2014-2020”.
04 giugno 2014